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Il nuovo lavoro discografico della formidabile Alessandra Rizzo, in arte LaRizzo, è una summa dei brani più rappresentativi degli ultimi 10 anni.

Fogli che raccontano“, edito da TRP Music (2020), quindi è un diario musicale in cui l’artista ha inserito una selezione di composizioni originali dove possiamo apprezzare l’equilibrio e l’armonia eccezionali della sua voce. Il disco contiene 8 tracce dove, oltre alla cantante, possiamo apprezzare stimati e grandi professionisti del panorama musicale italiano quali Peppe Tringali alla batteria, Alberto Fidone al contrabbasso, Edoardo Musumeci alle chitarre, Gionata Colaprisca alle percussioni, Massimo Greco alla tromba, Mario Pappalardo al rhodes, Teresa Raneri backing voice.

Nel brano di apertura godiamo del talento vocale della cantante con “Sono frammenti” che, appunto, grazie a frammenti musicali crescenti il brano prende corpo strofa dopo strofa. Un intro di disco frammentario che si costruisce, proprio come vuole intendere l’artista, quando inizi a sfogliare quel diario e parola per parola ricominci a tornare con la mente a quei giorni, quelle emozioni, quel vissuto che sono indelebili ricordi.

La versatilità e la duttilità dello stile de LaRizzo, ci permettono di godere di un ampio spettro stilistico, con numerose contaminazioni musicali. Il jazz è solo uno di quei fogli, che compongono il testo della cantante e nel suo insieme rappresentano un libro equilibrato ed estremamente interessante.

La ballata “Troppe luci poche stelle“, ci colpisce con le sue note evocative, sostenute dal magistrale Musumeci alla chitarra. Come bagliori illusori, i ritmi delle percussioni di Colaprisca, rappresentano il giusto background al brano.

Il sound completamente diverso e a tratti country e blues invece è presente in “Sgualcito dal tempo“. LaRizzo ci dà qui prova dell’ampiezza della sua tavolozza di suoni, dove racconta di una storia in cui si susseguono momenti felici e di dolore.

La potenza controllata, la delicatezza e la precisione della dote vocale de LaRizzo, li ritroviamo tutti e fortemente nel brano di chiusura, che si chiama proprio “Fogli che raccontano“. Un’atmosfera aperta e rarefatta fa da intro al brano, con effetti e lontananze gestite dalla chitarra di Musumeci. Il ritmo prende poi il sopravvento con un eloquio morbido e confidenziale, con lo sviluppo del brano in un cui si raggiunge un interessante culmine. Un dolce crescendo, come la voce della cantante la cui intensità non si esprime solo sul piano della potenza ma su quello della dolcezza, della precisione e dell’empatia, che lascia la voglia di essere ancora circondati dalla sua voce, di ascoltare di più.


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